Un film di straordinaria bellezza capace di spiegare al meglio la delusione di un qualcosa le cui aspettative non sono mantenute. Le vicissitudini dell’Euganeo mi hanno più volte riportato alla mente il capolavoro di Troisi.
A dire il vero il nostro stadio è nato con sacrificio; l’episodio della pista di atletica, combattuto allora inutilmente solo da un pugno di provvidi eroi, lo ha irreversibilmente condizionato allontanando spregiudicatamente i tifosi dai loro beniamini per le distanze inevitabili tra le tribune ed il campo di gioco. Oltre a questi aspetti per niente secondari, il progetto non è riuscito ad imporsi come fatto urbano incapace di divenire elemento ordinatore e attrattore per la pianificazione di quella parte di città che in tanti abbiamo sperato vedere trasformata in un completo innovativo quartiere residenziale dalle molte funzioni. Inutili i timidi ripieghi: il trasferimento del CONI, delle associazioni e comitati regionali sportivi, il mare di pannelli fotovoltaici e le distese di parcheggi, una linea di autobus e poche altre attività che di certo non possono ritenersi strumenti idonei per affrontare la complessità di un luogo urbano.
Atto d’amor sembrava l’impegno preso dall’Amministrazione che ama la sua città, confermato da vistosa intraprendenza, da scilinguagnolo sicuro di chi sa proprio come agire in certi contesti e controllare le fasi complesse di una tale opera. Molte le aspettative, le curiosità alimentate da una smodata divulgazione di filmati, di presentazioni ufficiali e di doviziosi rendering.
Molti i dubbi sulle soluzioni illustrate, in particolare sulle grandi palestre (che non chiamerei palazzetti dello sport) incastrate nella vecchia tribuna della curva Fattori; sulla pendenza e capacità della tribuna nuova a sei metri dal campo e in particolare, sulla connessione dell’intervento con le tribune esistenti est ed ovest. Così come non comprensibile il trattamento differenziato della curva nord compromessa dai confusi spazi multifunzionali.
Come spesso accade potremo trovarci in quella mesta situazione dentro la quale si riconosce la buona fattura di un progetto che di fatto però è sbagliato. Oggi, rispetto al secolo scorso, non possiamo neanche arrabbiarci coi progettisti che invero, con le somme messe a loro disposizione, le premesse e le strategie indicate dall’Amministrazione, hanno risposto con serietà e professionalità a quanto richiesto dal bando.
Il calesse è proprio il passaggio dalle parole ai fatti non solo per l’affidamento dei lavori che pare inizino a dicembre ma per quello che sarà costruito, come documentano gli elaborati tecnici del progetto esecutivo consultabili in padovanet.
Il progetto diviso in tre stralci prevede la realizzazione di una sorta di C rovesciata riempita dal vuoto delle palestre e della curva Fattori; un volume compatto, isolato, che si articola a più piani per inserire le nuove superfici di gioco (pallacanestro a est e multi sport a ovest), i servizi, la tribuna e le coperture; gli elaborati grafici delle sezioni e dei prospetti documentano il risultato finale evidenziando la monoliticità del costruito la cui relazione con l’esistente si affatica a misurare per la totale assenza di validi riferimenti.
Nella realtà infatti, rimossi i ponteggi, troveremo un volume di circa 15 m di altezza collocato a 5,70 m dal bordo campo avanzando cioè di circa 21 m rispetto alle gradinate est ed ovest. Mi chiedo se i collegamenti pubblicizzati nei rendering e testimoniati con il fare sicuro (ristorante, sale, servizi), sapranno risolvere il complicato dialogo con l’esistente. E poi, se non ora, quando saranno realizzate le opere di completamento? Viste le difficoltà dei tempi che viviamo non si corre il rischio di incompiutezza proprio in fregio allo stato di fatto e alle ridotte tribune esistenti est-ovest affacciate sul nuovo monolite.
Un calesse senza mantice, tirato da un mulo!
Colpisce la leggerezza con cui si è affrontato il tema della riqualificazione dell’Euganeo che non è solo uno stadio ma un luogo in grado di offrire importanti criteri per la pianificazione della città e la cura del paesaggio. Sembra che l’eccessiva fretta di emergere più che per l’umiltà di agire, risplenda di quel bagliore accecante che dura quanto le luci della ribalta rivolte alla retorica della piazza pur di giustificare azioni che potrebbero segnare un’irreversibile ferita sul nostro territorio.
Non comprendo, infine, perché il Calcio Padova come taluni club in Europa, non abbia approfittato dell’occasione per richiedere al comune l’area e lo stadio in comodato per meglio progettare il futuro del calcio e dello sport secondo quella innovativa matrice che suggerisce questo torno di tempo.